Il carcinoma pancreatico è una delle forme tumorali dei più resistenti all’immunoterapia. Lo studio impronta una nuova direttiva per provare a vincere questa resistenza, modificando il microambiente tumorale. La ricerca, intitolata “Neutralization of NET-associated human ARG1 enhances cancer immunotherapy”, è stata pubblicata proprio sulla rivista scientifica Science Translational Medicine, e vede il Direttore scientifico dell’Istituto Oncologico Veneto – IRCCS e docente di Immunologia dell’Università di Verona Professor Vincenzo Bronte, in veste di autore senior e corrispondente.
I finanziatori dello studio sono stati la Fondazione Cariverona, il Cancer Research Institute, l’AIRC, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ed EuroNanoMed.
I ricercatori hanno analizzato bene un meccanismo di evasione dal controllo immunologico messo in atto dal tumore pancreatico integrando dati funzionali, fenotipici e molecolari e sviluppato un approccio di immunoterapia combinata, molto efficace in modelli preclinici dove è stato ricostituito il sistema immunitario umano. Nei pazienti affetti da tumore al pancreas, cellule del sistema immunitario circolanti nel sangue, i neutrofili, sono attivati da fattori prodotti dalle cellule neoplastiche e rilasciano, spontaneamente ed in modo incontrollato strutture molecolari complesse, chiamate NET. Queste strutture, che rimembraano una vera e propria rete (traduzione del termine inglese NET), sono costituite principalmente da materiale genetico (DNA) e proteine. Fra queste ultime, l’enzima arginasi 1 (ARG1) viene attivato all’interno dei NET, generando diverse forme molecolari che provocano il consumo eccessivo di un amminoacido essenziale all’attività antitumorale dei linfociti T: la risposta immune verso il tumore è, di fatto, ostacolata. Per contrastare il blocco funzionale dei linfociti T, il gruppo di studio ha generato un nuovo anticorpo in grado di riconoscere e neutralizzare l’enzima ARG1 umano. Mediante analisi funzionali e biochimiche, è stato dimostrato che la funzione linfociti T viene ripristinata con l’anticorpo mAb 1.10, mentre inibitori chimici dell’enzima non sono efficaci nel bloccare le forme molecolari attivate nei pazienti affetti dal cancro. In modelli preclinici umanizzati di tumore al pancreas, la somministrazione di mAb 1.10 aumenta l’efficacia dell’immunoterapia basata sia sull’uso di inibitori del checkpoint immunologico sia sul trasferimento di linfociti citotossici specifici per l’antigene tumorale telomerasi. Questi dati sono stati anche confermati su biopsie di tumori pancreatici esposte in vitro all’anticorpo anti-ARG1.
Lo studio propone una nuova chiave di lettura per capire la funzione immunoregolatoria dell’enzima ARG1 e dei neutrofili condizionati negativamente dal tumore, e suggerisce che riprogrammando il microambiente tumorale, anche un tumore notoriamente refrattario all’immunoterapia, come il tumore al pancreas, può diventare responsivo e sensibile.
“Questo studio apre nuovi scenari nei tumori che mostrano una resistenza intrinseca e primaria all’immunoterapia e continua un percorso di ricerca iniziato più di dieci anni fa dal mio gruppo, come ricercatore dello IOV, e poi proseguito a Verona, un esempio della sinergia tra istituzioni di ricerca italiane in grado di coordinare anche gruppi internazionali”, afferma il Professor Bronte. “La ricerca continua, puntando ad ottenere anticorpi completamente umani verso l’enzima ARG1 da utilizzare nella terapia e diagnostica in diversi tumori, non solo nel cancro del pancreas”.
Il Professor Vincenzo Bronte è fra i “top italian scientist”, tra i World’s Top 2% Scientists per il 2021 nella classifica della Stanford University, ed è stato fra gli “Highly Cited Researcher in the field of Immunology” nella classifica di Clarivate dal 2018 al 2021.
Università, enti e centri coinvolti: Università di Verona (Stefania Canè, Roza Maria Barouni, Giulio Fracasso, Stefano Ugel, Salvatore Paiella, Annalisa Adamo, Francesco De Sanctis, Rita Lawlor, Aldo Scarpa, Borislav Rusev, Gabriella Lionetto, Roberto Salvia, Claudio Bassi); Ospedale Policlinico San Martino di Genova, Italia (Marina Fabbi; Silvano Ferrini); ZebiAI Therapeutics, Waltham, Inc., MA, USA (John Cuozzo); Merck Group, Ivrea, Italia (Rosalinda Trovato); King’s College, London, UK (Mauro Giacca); Dipartimento di Scienze Chirurgiche Oncologiche e Gastroenterologiche dell’Università di Padova, Italia (Susanna Mandruzzato); Istituto Oncologico Veneto I.R.C.C.S. di Padova, Italia ( Vincenzo Bronte e Susanna Mandruzzato).
Finanziatori: Cancer Research Institute, Clinic and Laboratory Integration Program, CLIP 2017 a VB; Fondazione Cariverona (Project call, 2017) a VB; Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) (23788 e 12182) a VB; Euronanomed III (Joint Translational Call 2017, Project Resolve) a VB; Ricerca Finalizzata 2019, Ministero della Salute, RF-2019-12369251, a VB e SM; PRIN, Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIUR, CUP: B38D19000260006) a V .
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